Il Demanio marittimo nel Codice della Navigazione

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Ultimo aggiornamento Giovedì, 31 Marzo, 2022 - 09:59

Il nucleo fondamentale della normativa in materia di demanio marittimo è costituito dal Titolo II, Capo 1, del Codice della Navigazione (R.D. 30.3.1942 n° 327) e dal relativo Regolamento di Esecuzione (D.P.R. 15.2.1952 n° 328).
L'art. 28 cod. nav. definisce i beni del demanio marittimo, comprendendovi:
a) il lido, la spiaggia, i porti, le rade,
b) le lagune, le foci dei fiumi che sboccano in mare, i bacini di acqua salsa o salmastra che almeno una parte dell'anno comunicano con il mare,
c) i canali utilizzabili ad uso pubblico marittimo.
Le costruzioni e le altre opere appartenenti allo Stato, che esistono entro i limiti del demanio marittimo e del mare territoriale, sono considerate come pertinenze del demanio stesso (art. 29) e sono soggette alla stessa disciplina.

L’iter legislativo successivo al Cod. nav.: il conferimento delle funzioni agli Enti Locali
Con la emanazione del D.P.R. n° 616/77 si intendeva  trasferire alle Regioni le funzioni amministrative di gestione del territorio nelle materie di competenza legislativa regionale elencate nell’art. 117 della Costituzione, tra le quali erano comprese “Turismo e Industria Alberghiera” (c.d. decentramento amministrativo).
D’altra parte trasferire alle Regioni le funzioni amministrative in tali materie, rispettando così il dettato costituzionale dell'art. 118 1° c.,  significava anche, onde poter favorire lo sviluppo turistico della fascia costiera, estendere necessariamente l’esercizio di tali attività gestionali al demanio marittimo avvalendosi dello strumento della delega previsto dal 2° comma dello stesso articolo, rientrando il demanio nella sfera di appartenenza dello Stato. 
Pertanto il combinato disposto degli articoli 50 e 59 del D.P.R. 616 veniva a costituire la trave portante per il pieno espletamento del potere di programmazione in materia di Turismo riconosciuta alle Regioni nell’ambito della Costituzione e delle leggi quadro statali e che altrimenti non avrebbe potuto trovare completa attuazione per l’impossibilità di esercitare le conseguenti funzioni amministrative su una parte così rilevante come quella rappresentata dagli ambiti costieri.
art. 50: “sono trasferite alle Regioni le funzioni amministrative dello Stato nelle materie ….“Turismo e Industria Alberghiera”….;
art. 59: “Sono delegate elle Regioni le funzioni amministrative sul litorale marittimo, sulle aree demaniali immediatamente prospicienti, sulle aree del demanio lacuale e fluviale, quando la utilizzazione prevista abbia finalità turistiche e ricreative. Sono escluse dalla delega le funzioni esercitate dagli organi dello Stato in materia di navigazione marittima, di sicurezza nazionale e di polizia doganale. La delega di cui al comma precedente non si applica ai porti e alle aree di preminente interesse nazionale in relazione agli interessi della sicurezza dello Stato e alle esigenze della navigazione marittima. L’identificazione delle aree predette è effettuata entro il 31 dicembre 1978 con D.P.C.M., di concerto con i Ministri per la difesa, dei trasporti e della navigazione e per le finanze sentite le Regioni interessate. Col medesimo procedimento l’elenco delle aree predette può essere modificato”.
Nel riconoscere alla Regione una competenza amministrativa per materia sul Demanio Marittimo, il D.P.R. 616 stabiliva comunque un limite territoriale costituito dai porti e dalle aree di preminente interesse nazionale e cioè da quegli ambiti dove l’interesse pubblico primario non era dato dallo sviluppo turistico ma dalla sicurezza dello Stato e dalle esigenze della navigazione marittima.
Si rimandava poi l’identificazione delle suddette aree all’adozione di apposito D.P.C.M. stabilendo come  limite temporale la data del 31.12.1978. In realtà il relativo decreto veniva adottato soltanto nel 1995, a seguito di un ulteriore impulso legislativo rivolto a dare effettiva attuazione all’art. 59 del D.P.R. 616 rimasto non attuato per numerosi anni.
Tale impulso si concretizzava con la emanazione del  Decreto Legge n° 400  del 5/10/1993 “Disposizioni per la determinazione dei canoni relativi alle concessioni demaniali marittime”, convertito nella Legge n° 494 del 4/12/1993.
In particolare l’art. 6 del D.L. n° 400 stabiliva che se entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, il Governo non avesse provveduto  agli adempimenti necessari a rendere effettiva la delega delle funzioni amministrative alle Regioni ai sensi del citato art. 59, tali funzioni dovevano considerarsi comunque delegate.     
Il termine di un anno fu rinviato in virtù di vari decreti legge fino al D.L. 21.10.1996 n° 535, convertito nella Legge 23.12.1996 n° 647, che all’art. 6 prevedeva la stipula di apposita convenzione tra l’odierno Ministero delle Infrastrutture e Trasporti e le Regioni per l’avvalimento delle Capitanerie di Porto al fine di espletare le funzioni amministrative delegate. 
Pertanto le Regioni, attraverso apposite convenzioni, si sono avvalse delle Capitanerie di Porto fino fino a che è divenuta operativa la sub delega ai Comuni in relazione alle riforme legislative nel frattempo apportate con il “pacchetto delle leggi Bassanini”.
Tale pacchetto, costituito  dalla L. 15.3.1997 n° 59,  dal D. Lgs. 31.3.1998 n° 112, e dal D. Lgs. 30.3.1999 n° 96, attuava il definitivo conferimento alle Regioni e agli Enti Locali di tutte le funzioni amministrative nelle materie di competenza legislativa regionale, in attuazione dell’art. 118 1° c. Cost., e in quelle per cui era stata prevista la delega statale ai sensi del 2° comma dello stesso articolo, come per il demanio marittimo.
Le funzioni conferite relativamente a tale materia venivano individuate nel rilascio delle concessioni demaniali marittime, per qualsiasi scopo e finalità, con la sola esclusione dell'approvvigionamento di fonti di energia e in tutte le attività amministrative ad esse strumentali o complementari; A sua volta, la Regione Toscana conferiva tale competenza ai Comuni costieri con legge regionale 1.12.1998 n° 88. 
Infine con i Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri rispettivamente in data 17.10.2000, 13.11.2000 e 22.12.2000 (previsti dall'art. 7 L. n° 59/’97) venivano individuati i beni e le risorse economiche, umane e strumentali da trasferire agli Enti Locali affinchè le funzioni dei Comuni divenissero operative a partire dall'anno successivo.
A compendio della citata ricostruzione normativa va specificato che il criterio innovativo introdotto dalla riforma Bassanini, ripreso e sviluppato nella recente riforma costituzionale del Titolo V (v. L. cost. 18.10.2001 n° 3), è stato quello di stabilire con legislazione statale l’attribuzione ai Comuni e agli altri Enti Locali (Comunità Montane e Provincie) di tutte le funzioni amministrative conferite alle Regioni, quando queste non richiedono un esercizio unitario a livello regionale.  
Tale previsione normativa è poi divenuta il presupposto della stessa riforma costituzionale che, sulla base dei principi di sussidiarietà adeguatezza e differenziazione già introdotti dalla L. n° 59/’97,  ha confermato la generale attribuzione ai Comuni delle funzioni amministrative salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Comunità Montane, Regioni e Stato.
Infine va ricordato che l’art. 105 del D. Legs. 31.3.1998 n° 112 come novellato dall’art. 9 L. n° 88 del 16.3.2001 ha confermato il limite territoriale alla competenza degli Enti Locali rappresentato dai porti finalizzati alla difesa militare ed alla sicurezza dello Stato, dai porti di rilevanza economica internazionale e nazionale, nonché dalle aree di preminente interesse nazionale individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 21 dicembre 1995. Mentre ha stabilito la decorrenza dal 1° gennaio 2002 del conferimento delle funzioni amministrative per i porti di rilevanza regionale e interregionale.

 

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